di Glauco Nori
Tra scadenze previste e fatti nuovi può riuscire utile tentare di mettere un minimo di ordine su alcune questioni non per arrivare a soluzioni, ma solo per cercare di ridurre incongruità e contraddizioni.
di Glauco Nori
Tra scadenze previste e fatti nuovi può riuscire utile tentare di mettere un minimo di ordine su alcune questioni non per arrivare a soluzioni, ma solo per cercare di ridurre incongruità e contraddizioni.
di Roberto Bin
Ormai tutto è chiaro e il gioco è scoperto. Presentando una proposta di revisione costituzionale che rasenta il ridicolo (come già ho sottolineato in un precedente commento), il Governo non ha l’obiettivo di modificare davvero la Costituzione, ma semplicemente di mostrare la propria efficienza e di mantenere gli impegni assunti con il programma elettorale. In vista del referendum.
di Enzo Balboni
È la stessa relazione al disegno di legge governativo n. 935 che definisce l’operazione in corso come l’affermazione di una democrazia di investitura volta ad assicurare governabilità al sistema democratico offrendo soluzioni a problematiche, invero risalenti e – aggiungo – condivise, vale a dire l’instabilità dei governi, la volatilità delle maggioranze e il transfughismo parlamentare. Come vedremo più avanti governabilità è l’altra parola chiave.
Ogni tentativo di riforma costituzionale nel nostro Paese deve essere affrontato, a mio avviso, partendo dal presupposto che gli interessi delle forze politiche di maggioranza – oggi tesi, tra le altre cose, a modificare l’assetto della forma di governo vigente – spesso e volentieri non coincidono affatto con i desiderata dei costituzionalisti.
Il problema è chiaro a tutti: la storica instabilità dei Governi nazionali. Le statistiche sono impietose e le conseguenze del fenomeno sono evidenti: Governi costretti ad occuparsi più della ricerca del consenso elettorale verso i singoli partiti uniti nella coalizione di maggioranza (mentre è quasi fisiologico che altrettanto capiti ai partiti di opposizione), piuttosto che impegnarsi seriamente su obiettivi e strategie di lunga gittata, cioè a tutto ciò che richiederebbe un serio “governo” del Paese purificato dalla contingenza.
Nonostante le rassicurazioni della Presidente del Consiglio Meloni, il progetto di riforma costituzionale comprime senza alcun dubbio i poteri del Capo dello Stato.
di Alessandro Morelli e Luigi Ventura
Sostiene il Presidente del Senato Ignazio La Russa che ci sarebbe ormai una “Costituzione materiale” che attribuirebbe al Presidente della Repubblica “poteri più grandi di quelli che originariamente la Carta prevedeva e un’elezione diretta del presidente del Consiglio potrebbe ridimensionare l’utilizzo costante di questi ulteriori poteri: ridimensionarli non eliminarli”.
di Roberta Calvano e Lorenzo Spadacini
Più ci si pensa più si disvela l’impatto potenzialmente devastante che la riforma del cd. Premierato (disegnata nel ddl AS 935 in discussione al Senato) è suscettibile di produrre sulla democrazia costituzionale.
Nereo Rocco, dopo la clamorosa vittoria del suo Milan sull’Atalanta per 9 a 3, dichiarò che più che essere soddisfatto per i nove gol fatti, era preoccupato per i tre subiti. Così, concluso il primo ciclo di audizioni informali dei costituzionalisti presso la Commissione Affari costituzionali del Senato sulle proposte di riforma costituzionale presentate dal sen. Renzi (n. 830) e dal Governo (n. 935), entrambe dirette ad introdurre l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, più che concentrarsi sulla messe di critiche piovute da quasi tutti gli auditi (incluso chi scrive), vale la pena piuttosto affrontare le lodi ricevute da (invero pochi) colleghi.
Oggi non possiamo sapere se e quando il disegno di legge di riforma costituzionale che va sotto il nome di premierato elettivo andrà in porto. Oggi sappiamo – non è passato nemmeno un mese dalla sua presentazione – che non gode di buona stampa. Gli aggettivi denigratori si sprecano. Confuso, contraddittorio, torbido, pericoloso, autoritario, eversivo e decine altri, anch’essi assai poco lusinghieri. Se non è un record, poco ci manca.
Nel comunicato-stampa del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023 si legge che il ddl governativo approvato “introduce un meccanismo di legittimazione democratica diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare che si svolge contestualmente alle elezioni per le Camere, mediante una medesima scheda” (corsivo aggiunto).
di Roberto Bin
Ho stentato a mettermi a scrivere un commento alla “madre di tutte le riforme” perché mi sembrava tempo perso. Non che non sia grave che il Governo proponga una revisione costituzionale così mal fatta, ma è il testo stesso a suscitare più ilarità che interesse.
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