di Alessandro Morelli e Fiammetta Salmoni
In una democrazia costituzionale il fine non giustifica mai, da solo, i mezzi. Questi, infatti, devono sempre essere adeguati e proporzionati ai fini perseguiti dai pubblici poteri.
“Il Codacons per tutelare tutti i soggetti a cui è stato somministrato il vaccino AstraZeneca sta valutando la possibilità di avviare un’azione contro coloro che dovessero risultare responsabili dei danni causati dai vaccini a seguito degli accertamenti in corso“. Il comunicato del Codacons
di Giovanni Di Cosimo
A un anno dall’inizio della pandemia, la Corte costituzionale assegna la gestione dell’emergenza esclusivamente al legislatore statale.
La recente sentenza n. 54 del 27 gennaio 2021 del Tribunale di Reggio Emilia, sezione Gip-Gup, è prontamente finita sotto i riflettori in ragione delle motivazioni nelle quali, per la prima volta, si afferma espressamente l’incostituzionalità dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) recanti misure volte a contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
È passato ormai un anno da quando il Paese è stato bloccato quasi totalmente con l’intento di trovare una risposta valida all’emergenza da Covid-19. La speranza di poter tornare ad una vita normale ha portato la popolazione a credere che le misure restrittive avrebbero prodotto ingenti effetti positivi, nonché l’abbassamento della curva dei contagi e l’arresto dei decessi.
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo a dura prova la Costituzione Repubblicana. In questi mesi, infatti, non sono mancati attacchi ad essa. E’ arrivato il momento di svelare la verità: la Costituzione si è rivelata uno strumento prezioso per affrontare la pandemia.
A leggere il provvedimento del Tribunale di Roma che qui si commenta, viene alla mente l’immagine gianniniana (tratta dal Discorso generale sulla giustizia amministrativa del 1963) del giudice ordinario come «untorello acculato in un vicolo» di fonte al potere dell’amministrazione nel post legge abolitrice del contenzioso del 1865.
di Gianclaudio Bressa, Gianmario Demuro, Ivo Rossi
La suddivisione della penisola in base alla circolazione del virus e alla diversa capacità di risposta dei sistemi sanitari regionali, pur con i limiti che rimandano alla omogeneità e attendibilità dei dati e al netto delle polemiche politiche, introduce una differenziazione territoriale e una salutare responsabilizzazione dei soggetti chiamati a fornire le risposte necessarie a combattere il Covid-19.
Il romanzo di Steinbeck, che prende a titolo il verso iniziale del Riccardo III di Shakespeare, narra del discendente di una famiglia di balenieri, che perde ricchezza e prestigio sociale a causa della “crisi del settore”. E’ una vicenda allegorica che mi viene in mente in questi giorni, di fronte alla stretta anticovid voluta dal Governo.
L’ennesimo d.p.c.m., approvato lo scorso 18 ottobre a fronte della impennata dei contagi dovuta alla recrudescenza pandemica, riaccende il conflitto (mai sopito, v. la recente vicenda della chiusura delle scuole in Campania) Stato-enti territoriali sulle competenze in materia.
L’Osservatorio sulla Legalità Costituzionale, istituito presso il Comitato Popolare per la difesa dei beni pubblici e comuni Stefano Rodotà, ha notificato, in settembre, un “esposto” al Consiglio d’Europa, nella persona del Segretario Generale, denunciando la violazione dell’art. 15 CEDU da parte dell’Italia, con la contestuale richiesta di provvedimenti di vigilanza ed eventuale trasmissione degli atti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Nonostante la Lega di Serie A avesse ribadito che Juventus-Napoli potesse disputarsi regolarmente pur a fronte di due casi di positività al coronavirus registrati nelle ultime ore tra le fila dei campani, il club partenopeo non si è presentato a Torino, invocando un provvedimento dell’Asl di Napoli che ne avrebbe bloccato il viaggio.
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