Per quanto evidente, a tutti è sfuggito un effetto della recente riduzione del numero dei parlamentari e cioè che il Parlamento in seduta comune, in futuro composto da 600 parlamentari elettivi anziché 945, potrà molto più facilmente riunirsi nell’Aula della Camera.
Di robusta Costituzione
Il taglio del numero dei parlamentari e i rischi per il divieto di mandato imperativo
L’esito positivo della consultazione referendaria del 20 e 21 settembre scorsi ha dato il via libera alla modifica degli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione. L’approvazione referendaria a larga maggioranza non ha però risolto i problemi di funzionalità e di rappresentatività delle Camere segnalati da tanti studiosi.
Le riforme costituzionali del Senato conseguenti all’esito referendario: buscar el levante por el poniente?
La netta approvazione referendaria della riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari pone il tema dell’approvazione di quelle che nella campagna referendaria sono state definite “integrazioni” (dai sostenitori del SI) o “correzioni” (da quelli del NO) costituzionali.
Quel che resta del referendum: il dibattito sul voto degli elettori “fuori sede”
In occasione del recente referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari è nuovamente tornato in discussione un tema fortemente dibattuto ad ogni tornata elettorale. Si tratta dell’annosa questione del voto (o, recte, del mancato voto) di molti cittadini residenti in un determinato comune che si trovano, per i più vari motivi di studio o lavoro, domiciliati in altro comune italiano.
Dopo il “taglio” dei parlamentari
La riduzione dei deputati e senatori da eleggersi da parte del corpo elettorale (come si sa non propriamente coincidente per le due Camere e con la perdurante necessità costituzionale di preservare la “base regionale” per il Senato) è stata dunque approvata con larga maggioranza degli elettori…
Referendum e contrapposizione politica
Consentitemi una impertinenza rivolta in particolare nei confronti di quanti, fuori dalla militanza politica di ordinanza…
Referendum: perché la riduzione sic et simpliciter del numero dei parlamentari va respinta
Confesso che il tema su quale debba essere il numero di parlamentari più idoneo a rappresentarci non mi appassiona. Non è, infatti, semplicemente il loro numero (e cioè la quantità) ad essere dirimente, quanto piuttosto la qualità di chi è chiamato ad assumere l’ufficio di parlamentare ad essere rilevante.
Referendum e visioni della democrazia
Al termine di una campagna referendaria troppo breve, anche se molto intensa, ho maturato una convinzione riguardo alla riduzione dei parlamentari su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi il 20 e il 21 settembre prossimi: quella su cui voteremo non è una banale questione numerica, ma una revisione che mette in gioco valori di fondo del nostro sistema costituzionale.
Per dare colore ad una riforma sbiadita
Per ragionare delle conseguenze di una così drastica riduzione del numero dei parlamentari, vanno ben distinte due differenti prospettive di valutazione.
Quorum ed equivoci
Uno spettro si aggira nella campagna referendaria di questi giorni: che i “no” rimontino sino a sopravanzare alfine i “sì”. Lo prova il fatto che diversi sostenitori della riforma lamentino la mancata previsione di un quorum partecipativo nel referendum ex art. 138: a loro giudizio quest’assenza esalterebbe la natura oppositiva del referendum costituzionale e auspicano che in futuro si rimedi alla svista del Costituente estendendo pure a questa tipologia referendaria la disciplina prevista per il referendum abrogativo.
Taglio dei parlamentari, rappresentanza e rappresentatività: forse c’è un equivoco
Si discute molto, in questa concitata campagna referendaria, di rappresentanza e di rappresentatività. Costituzionalisti e opinionisti vari esprimono idee differenti sull’incidenza che il taglio del numero dei parlamentari avrebbe sul rapporto tra rappresentati e rappresentanti e sulla capacità di questi ultimi di farsi interpreti fedeli degli interessi e della volontà dei primi.
Una breve riflessione: perché NO
La legge sul taglio dei parlamentari nasce dal malumore anti-casta del M5S, e dalla Lega, per indurre i grillini a stipulare l’alleanza di governo con cui si è aperta la diciottesima legislatura, e accettato infine dal Pd che, dopo aver votato contro tre volte, ha voluto indurre il M5S alla seconda alleanza, per dar vita a un governo e non andare a elezioni anticipate da cui si temeva potesse uscire vincitrice la destra.