Da dove viene l’allarme rosso per le Regioni rosse

di Antonio Ramenghi

La Regione in Italia dove il Pd ha perso la percentuale più alta rispetto alle politiche del 2013 è, in assoluto, l’Emilia-Romagna: -10,6% (ha preso il 26,4% contro il 37%), facendo peggio addirittura della Sardegna dove il Pd il 4 marzo ha perso, rispetto al 2013, il 10,4% (ha preso il 14,8% contro il 25,2%).

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E i sondaggisti? Quello sbarramento li rende inattendibili

di Antonio Ramenghi

I sondaggisti come escono dal confronto tra i risultati delle urne e quelli da loro previsti prima del voto? Se si confrontano le medie dei sondaggi delle ultime cinque settimane prima dello stop imposto dalla legge si può dire, ancora una volta, che i sondaggi preelettorali ci azzeccano poco.  Ma c’è un ma: con i sondaggi riservati eseguiti dopo, sino alla vigilia del voto, il panorama si è chiarito meglio.

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Che campagna
sgangherata

di Antonio Ramenghi

C’è un aggettivo che qualifica la campagna elettorale in corso. Ed è sgangherato/a che secondo l’enciclopedia Treccani significa: 1. a. Divelto dai gangheri; b. Per estens., sconquassato, sfasciato, che non sta più insieme; anche con riferimento a persone, trasandato, sgraziato. 2. fig. Mal connesso, vacillante, scomposto, sguaiato, sgradevole a sentirsi. Lo spettacolo offerto da partiti ed esponenti politici forse non è mai stato tanto sgangherato e certamente non aiuta a convincere gli elettori indecisi, che sono ancora tanti, a recarsi alle urne il 4 di marzo.

Sono sgangherati i programmi, divelti dai gangheri fissati con il deposito del programma elettorale (con tanto di firma autenticata dal notaio del capo della formazione politica), come previsto dalla legge del 3 novembre 2017, n. 165, dove si dice che: Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all’articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati depositano il programma elettorale, nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica.

Se si leggono i programmi depositati e li si confronta con le dichiarazioni di molti candidati ed esponenti politici, si scopre che parecchie promesse, oggi sbandierate ai quattro venti, non figurano in quei programmi. A cosa e a chi credere allora? E il non rispetto di quei programmi depositati che cosa comporta per gli inadempienti? Quell’atto ha qualche valore giuridico oltre che politico o si tratta di parole (pur nero su bianco) buttate al vento?

Sono sgangerate le candidature, non solo per la schiera di impresentabili, mai così folta, ma soprattutto per i provvedimenti che alcuni partiti hanno preso nel rispetto dei propri statuti: espulsione di candidati e successiva pretesa di rinuncia alla candidatura e, dopo il voto, alla eventuale elezione. Una operazione praticamente impossibile se l’espulso non è d’accordo e storicamente assai laboriosa e lunga nel caso l’espulso consenta alla propria estromissione dal Parlamento, come ha ben spiegato in queste pagine Giovanni Piccirilli.

Sono sgangherate le coalizioni, sia a destra come a sinistra. Che il centrodestra di Berlusconi, Salvini, Meloni sia un amalgama assai poco riuscito, ormai è cronaca quotidiana. Divisi come sono non solo per quel che riguarda la scelta del candidato premier ma anche per quanto prefigurato sull’eventuale formazione di un governo, tra chi ipotizza larghe intese e chi le nega. Anche nel centrosinistra oltre a una non velata discordanza sul futuro premier (Renzi o Gentiloni?), si registra sempre più forte la divisione tra chi non vuole larghe intese con il centrodestra e chi appare assai più propenso nell’eventualità che queste consentano un governo stabile.

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Elezioni 2018: vincerà il secondo

di Antonio Ramenghi

La vignetta di Altan, quella dell’elettore al voto che inserendo la scheda nell’urna esclama: “Che perda il peggiore”, il 4 marzo sarà, in molti casi, ribaltata: a vincere uno scranno in Parlamento non sarà il più votato in quel seggio.

Il Rosatellum, la legge elettorale con cui si andrà a votare, non solo non consente di esprimere le nostre preferenze per questo o quel candidato, non solo non consente il voto disgiunto (voto un partito ma voto il candidato di un’altra lista), ma grazie alle pluricandidature farà sì che in molti collegi plurinominali non venga eletto il candidato capolista, ma il secondo nell’ordine (poco male, in fondo, visto che – appunto – non ci sono le preferenze).

Il gioco delle pluricandidature del Rosatellum, che per certi versi assomiglia al tanto e giustamente vituperato Porcellum, ha un doppio effetto: aver messo nelle mani delle segreterie dei partiti la quasi totale futura rappresentanza parlamentare e, secondo, aver tolto ai tanto declamati “territori” la possibilità di mandare in Parlamento candidati della propria terra, che conoscono la realtà locale, i suoi bisogni, le sue speranze, e che sono conosciuti (nel bene e nel male) dalla platea degli elettori del collegio.

Il primo effetto come si è visto ha provocato estenuanti trattative nelle segreterie e nei vari vertici dei partiti, con strascichi polemici, rischio di fratture, addirittura, come nel caso di Silvio Berlusconi, la necessità di una pausa defatigante nella campagna elettorale servita al leader di Forza Italia per rimettersi dalle giornate e nottate di trattative. A complicare ulteriormente la partita delle candidature e pluricandidature è stata anche la formazione delle coalizioni nelle quali ciascun partito aveva diversi centravanti o attaccanti di sfondamento, o presunti tali, da difendere e da schierare in campo. E per tenere insieme le alleanze non sono stati tanto i punti programmatici, i programmi, a suscitare discussioni e divisioni, ma appunto la spartizione dei seggi in particolare quelli presunti “sicuri”.

Il risultato è un puzzle che vede amplificata al massimo la possibilità delle pluricandidature prevista dal Rosatellum che in realtà inizialmente dovevano essere tre e che poi sono state portate a cinque.

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Ecco i programmi elettorali di tutti i partiti

In questa sezione pubblichiamo i link ai programmi elettorali presentati insieme ai simboli dei partiti e pubblicati dal sito del Ministero degli interni in vista delle elezioni del 4 marzo 2018. Documenti che dovrebbero essere vincolanti essendo la base per conquistare il voto dei cittadini. Si tratterà poi di vedere, una volta al governo, quanto dei programmi verrà realizzato concretamente. Certi “programmi” sembrano più una riedizione riveduta e corretta delle promesse elettorali  o degli slogan lanciati dai leader in queste settimane.

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Dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno: il Rosatellum tra (pluri) candidature e rappresentanza dei territori

di Alessandro Lauro

Les jeux sont faits. Alle ore 20 del 29 gennaio 2018 sono scaduti i termini di legge per la presentazione delle liste dei candidati dinanzi agli Uffici elettorali circoscrizionali e regionali. I partiti e movimenti politici hanno dunque “chiuso” la partita sulle candidature, fra “strappi” delle minoranze, accuse alle dirigenze ed altre reazioni varie ed eventuali.

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Ma serve a qualcosa andare a votare?

di Roberto Bin
La domanda è frequente e la risposta spesso è negativa. Le ragioni di scetticismo sono essenzialmente due, di natura molto diversa: non serve perché le decisioni che contano non le prende più l’Italia e i suoi organi politici; non serve perché intanto i politici e i partiti sono tutti eguali.

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Leader per leader, il catalogo delle promesse elettorali. Ecco le ultime

Ultime del promessometro. La più importante è di Matteo Renzi che promette: “Mai al governo con Berlusconi, ha gia guidato il Paese e ha fallito”. Berlusconi ci ripensa sul Jobs Act. Di  Maio promette l’abolizione della legge sugli studi di settore, l’abolizione del redditometro e dello spesometro. Salvini si corregge in parte sui vaccini e promette di cancellare la tassa sulle sigarette elettroniche.

Aggiorneremo e completeremo il tabellone che trovate qui sotto nel corso della campagna elettorale.

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Perchè non conviene ai partiti
indicare il candidato premier prima del voto

di Antonio d’Andrea

C’è qualche aspetto che giudico singolare in questo inizio, tra lo scoppiettante ed il patetico, di campagna elettorale che dovrebbe lasciarsi alle spalle l’attuale XVII Legislatura, arrivata alla fine naturale “assorbendo” l’inatteso esito tripolare del voto del febbraio 2013 e “rimaneggiando”, oltre il prevedibile, gli schieramenti coalizionali (definitivamente riesumati dal c.d. rosatellum) che vengono ricondotti – più per abitudine e pigrizia mentale – ad un centro-sinistra e a un centro-destra.

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